Muore a 50 anni un bracciante agricolo, costretto a lavorare a 45 gradi

Non c’è stato nulla da fare per Nasser, bracciante agricolo di origine tunisina, si è accasciato al suolo mentre lavorava nei campi, i medici non sono riusciti a rianimarlo.

E’ stata disposta l’autopsia e, seppur i fatti vadano chiariti, sappiamo bene che di fatica si muore, magazzini strade e campagne sono i luoghi più esposti con le temperature elevate di questo periodo. L’Inail ha diffuso delle linee guide, per lavoratori e datori, su come lavorare in sicurezza in questo periodo, a partire da riposi più frequenti, somministrazione di acqua e sali, dotazioni di dispositivi contro il sole e il fermo totale del lavoro nelle ore più calde della giornata.

Le aziende possono ricorrere anche alla cassa integrazione per recuperare eventuali perdite, invece veniamo ancora uccisi perché costretti ad operare a 45 gradi, sotto il sole cocente, senza neanche poterci fermare un attimo.

L’agricoltura è uno dei settori più esposti, perché più difficile da controllare, dato che il luogo di lavoro si espande su centinaia di ettari e perché i lavoratori sono per lo più migranti, più facilmente ricattabili dalle aziende. Se si prova anche solo a chiedere il rispetto dei propri diritti basilari, si viene immediatamente cacciati dal terreno, licenziamenti orali, vietati per legge, ma di fatto una pratica continua.

Nel nostro territorio, l’80% dei braccianti lavora tutta la settimana, per 10-12 ore al giorno, finché c’è luce, non esistono riposi, ferie o malattie.

Nessun dispositivo di sicurezza viene fornito, i lavoratori comprano da soli guanti e scarpe, nel momento dell’assunzione gli viene dato solo un coltello per la raccolta.

Ci chiediamo dove siano oggi tutti coloro che, nei tavoli istituzionali, sostenevano come non esistesse uno sfruttamento sistematico nel settore, soltanto qualche abuso sporadico.

Nasser è morto per quelli che vengono chiamati “abusi sporadici”.

Cobas Viterbo è sempre attiva sul territorio, invitiamo i lavoratori a raggiungerci, è possibile denunciare anche se il proprio permesso è legato al rapporto di lavoro, la legge tutela chi viene sfruttato, anche se migrante.

Confderazione Cobas Viterbo

Elisa Bianchini

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